Dei suoni e dei sensi by Federico Albano Leoni

Dei suoni e dei sensi by Federico Albano Leoni

autore:Federico, Albano Leoni [Albano Leoni, Federico]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Linguistica, Saggi
ISBN: 9788815142818
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2009-10-14T22:00:00+00:00


3.2. La percezione e il riconoscimento

Su questo punto è necessaria una premessa. Tutto ciò che attiene alla percezione e al riconoscimento è interiore e va o ricostruito attraverso l’osservazione di comportamenti spontanei (metodo fenomenologico)[100] o elicitato per mezzo di esperimenti condotti in laboratorio (metodo, appunto, sperimentale). Sonino [in Kanizsa et al. 1983, 11-39] espone con chiarezza vantaggi e svantaggi dei due metodi, come anche i rispettivi punti di forza e di debolezza. Ora gli studi sulla percezione uditiva, di cui prendo ad esempi rappresentativi quelli di Moore [1988] e di Bregman [1990], sono, credo senza eccezioni, rigorosamente sperimentali. Il loro limite consiste nel fatto che essi non si integrano mai con il metodo fenomenologico: in altre parole, non ha avuto luogo, in questo settore, quello che è avvenuto nell’ambito della percezione visiva, e cioè l’intreccio con gli aspetti generali e con la questione della modalità gestaltica con cui elaboriamo il percetto, anche quello uditivo[101].

Così, quando pure si evochino livelli di elaborazione cognitivamente più complessi, come fa Bregman [1990, passim] parlando di percezione basata su schemi idiolinguistici, che si innesta su quella primitiva, meramente neurofisiologica, l’analisi di questi livelli rimane allo stato embrionale. Per fare un esempio banale, si danno esperimenti (condotti fin dagli anni Cinquanta del Novecento e i cui fondamenti teorici sono in Stevens [1989]) che mostrano la capacità dell’orecchio umano di distinguere categorialmente il periodico dall’aperiodico, il sordo dal sonoro[102], e a ciò si attribuisce un grande rilievo teorico e vi si vede una delle chiavi di volta dello strutturalismo [Petitot-Cocorda 1985; trad. it. 1990, 99-129], o addirittura della facoltà del linguaggio [Pinker e Jackendoff 2005], ma non ci si pone mai la domanda sul perché noi capiamo perfettamente la frase «domani vado a pesca» anche se è realizzata come [do'ma:nivadab'beska], e quindi sul ruolo svolto dal contesto, dalle aspettative, dal mondo, dalle inferenze[103].

Non è da escludere che questa sia una conseguenza del fatto, già ricordato nel capitolo 1, par. 2.3, che la discussione sulla percezione e l’elaborazione uditiva del parlato sia rimasta un po’ ai margini.

Ora, prescindendo dal commentare le posizioni innatiste più rigide, oggi forse in regresso[104], e prescindendo anche dalla questione se la percezione linguistica dipenda dalla attivazione di un modulo uditivo innato e generale, o innato e specifico preposto alla percezione di suoni linguistici già categorizzati, o di un modulo complesso che porta a riconoscere i suoni a partire dai gesti articolatori necessari per produrli[105], la questione che qui interessa è quella sulle unità di percezione, riconoscimento e archiviazione, e se esse siano i segmenti, come in genere si ritiene anche da parte di molti psicolinguisti [ad esempio Matthei e Roeper 1983; trad. it. 1991, 44-56] o unità di dimensione maggiore.

Va però ricordato, ancora una volta, che tale questione è strettamente intrecciata non solo con quanto si dirà (par. 3.3.) a proposito del rapporto tra scritture alfabetiche e fonemi ma anche con quanto appare dal dibattito psicolinguistico sulle relazioni tra competenza fonologica e competenza alfabetica. Infatti, almeno dai lavori di Morais in poi [Morais et al.



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